Multitasking: abilità o limite?

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Multitasking e mondo moderno sembrano essere collegati in un binomio oggi ineludibile. Eppure questa abitudine sembra contrapporsi a produttività, concentrazione, performance e Benessere.

Multitasking, in italiano multiprocessualità, è un termine coniato nel mondo dell’informatica dove viene definito “la capacità di un software di eseguire più programmi contemporaneamente”. Il concetto è stato traslato alla mente umana, come organo capace di gestire due o più attività in parallelo. Se per molto tempo questa è stata considerata un’abilità, oggi diversi studi hanno dimostrato che il cervello è in realtà in grado di elaborare una sola attività alla volta. Quello che percepiamo come lo svolgimento di più tasks in contemporanea è effettivamente un rapido passaggio da un’attività all’altra (context switch). Il risultato di questo velocissimo sbalzo di informazioni all’interno del sistema cognitivo comporta la drastica riduzione delle prestazioni, la minore efficienza e la progressiva incapacità di concentrazione.

Come siamo arrivati a dover fare più cose insieme?

L’indole umana induce il cervello a tenersi costantemente impegnato per sentirsi soddisfatto e per evitare la noia. In questo senso l’interconnessione ha rappresentato lo strumento ideale per essere sempre attivi e riuscire a svolgere più attività contemporaneamente (guidare, parlare al telefono, guardate la tv). Si parla infatti di media multitasking, ossia l’utilizzo simultaneo di più dispositivi. Anche a livello professionale, la richiesta di conciliare tempi e obiettivi sempre più ambiziosi spinge a svolgere più compiti insieme.

Qual è l’abilità e quale il limite?

L’abilità supposta si trasforma in limite laddove il sovraccarico cognitivo dei neuroni comporta un notevole sforzo in termini di dispendio di energie e un’iperproduzione di cortisolo, ormone dello stress. Inoltre, è stato dimostrato che gli heavy multitaskers sono coloro che hanno una maggiore difficoltà a concentrarsi e sono più esposti ad ansia e depressione, anche quando tornano a svolgere un’attività singola. Dal punto di vista biologico chi pratica il multitasking abitualmente risulta subire una riduzione della materia grigia, ossia della parte della corteccia anteriore deputata al controllo delle emozioni, con conseguente regressione dell’intelligenza emotiva.

Tuttavia sembra che il multitasking risulti invece un’abilità per i nativi digitali, ossia per coloro che sono abituati sin da piccoli ad essere interconnessi. L’attitudine dall’inizio a gestire più tasks insieme sembra poi essere un vantaggio che consente di mantenere inalterate la capacità di concentrazione e la produttività. È inoltre abilitante anche lo svolgimento contemporaneo di attività che richiedono l’intervento di funzioni diverse, come le funzioni cognitive e quelle motorie. Quindi svolgere insieme un esercizio fisico e parallelamente impegnare il cervello sembra essere stimolante con migliori risultati per entrambi i processi.

Cosa fare dunque se non si è nativi digitali o se ci si trova a svolgere più attività cognitive in contemporanea?

Alcuni spunti possono risultare utili a tutti:

  1. scegliere consapevolmente di svolgere un’attività alla volta;
  2. usare la tecnica del pomodoro, quindi dedicarsi a un’unica attività per 25 minuti consecutivi e poi fare una breve pausa;
  3. suddividere i tasks nella giornata fissando degli slots ben definiti;
  4. praticare mindfulness.

“Sai come si mangia un elefante? Un boccone alla volta”

                                                                                                                                       Laura Virtuoso